Il granello di senape

seminatore - Copia

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

 

 

 

Povero, semplice,  il più piccolo.   Il granello di senape  è Gesù,  in te.   Sei tu,  in lui. Quando sei così.  Quando fai così. Quando scegli,  di essere così.   Come Gesù,  in Gesù.

Quando ti lasci portare da Dio,  nel terreno che ha scelto lui.   Quando ti lasci immergere nella sua terra,  nella sua volontà.    Quando ti lasci nascondere,  tra le sue braccia.  Quando ti lasci nutrire  da lui.    Quando,  ti lasci,  fare.

Allora germogli.    Allora spuntano le foglie di Dio,  la pianta di Dio.   Le opere di Dio.      Non sono le tue,  sono le sue.   E spuntano  le tue radici.  E sai chi sei.

Allora diventi  stelo,  e spiga,  e chicco di grano.  Il  grano di Dio.   Che  può nutrire  te,         e gli altri.

Allora diventi tronco,  e albero,  e rami,  e frutti.   I frutti di Dio.  Non sono i tuoi,  sono i suoi. Rami,  che si aprono come braccia aperte, verso il cielo.   E lodano Dio.

Rami,  come braccia aperte  verso Dio e  verso i fratelli.   Come uccelli,  possono venire su quelle braccia,  e rifugiarsi, e riposare.

 

Allora si vede, Dio.   L’opera di Dio.    Allora si sente,  Dio.  La presenza di Dio.

Il Regno di Dio.

E’  Gesù,    in Gesù.

 

 

 

 

 

 

 

Osanna

In quel tempo, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”». Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno».  Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo:  «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!».Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli». Ma egli rispose: «Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre». 

 

Se vuoi entrare nella città Santa, nella città di Dio, in Gerusalemme, se vuoi entrare nella passione e nella resurrezione, devi entrare come Gesù. A cavallo di un asino.  Quell’asino rappresenta l’umiltà. Gesù sta cavalcando l’umiltà, la semplicità. La povertà.  È quella umiltà   il trono della sua regalità. È quella povertà, la forza della sua regalità. È quella semplicità, la ricchezza della sua regalità.

Gesù ti dice come fare,  vai a cercarla. Vai a cercare una umiltà  vera, quella che ti apre  all’altro, che ti abbassa al livello dell’altro. L’umiltà vera che ti fa perdonare l’altro e anche te stesso.

Vai a cercarla dove ti indica Lui, vai a trovare quello che ti indica lui. Una povertà,  una semplicità, una umiltà, sulla quale non è mai salito nessuno.  Non  usata, non dominata, non soggiogata a nessuno.  Una umiltà che devi slegare da tutto ciò che la blocca, che devi liberare da tutto ciò che la incatena.  E la devi portare al Signore, la devi mettere nelle sue mani.

Si, perché il Signore ne ha bisogno. Il Signore ha bisogno della tua umiltà, della tua povertà, del tuo niente. Ha bisogno della tua precarietà, della tua fatica, del tuo dolore, della tua malattia. Ne ha bisogno perché senza di quella, non passa,  non entra nella tua vita e non entra nella vita degli altri. Senza di quella,  gli altri non lo riconoscono e non lo possono lodare.

Quando la trovi, getta il tuo mantello sopra a quella umiltà del cuore, punta tutto su quella umiltà del cuore, perché possa portare il Signore.

Ecco, allora,  il Signore entra, inizia, viene a salvarti. Entra in Gerusalemme, nella sua passione e nella tua passione. Viene a realizzare il progetto di Dio di ricongiungere  con la sua croce la terra con il cielo.

Allora anche tu, di fronte a Lui, esulta, canta, danza, loda, benedici Colui che viene nel nome del Signore, il Benedetto di Dio, il Figlio di Dio.

Di fronte a  Lui  tutto il creato, i fiori, le piante, e i rami frondosi, ondeggiano  e anche le pietre gridano di gioia.  Tutto quello che è intorno,  grida di gioia,  pulsa, vibra,  risuona,  si espande,  si eleva,  si  innalza  verso Dio.

Tutto il creato, la terra e il cielo insieme, canta e grida di gioia, per la gioia, nella gioia di Dio.

Perché sta per essere liberato.