Passione di Gesù

Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare». E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. E disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». Andò un poco più avanti, cadde faccia a terra e pregava, dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!».  Poi venne dai discepoli e li trovò addormentati. E disse a Pietro: «Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora? Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò una seconda volta e pregò dicendo: «Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà». Poi venne e li trovò di nuovo addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti. Li lasciò, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole. Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Ecco, l’ora è vicina e il Figlio dell’uomo viene consegnato in mano ai peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

In quel tempo Gesù comparve davanti al governatore, e il governatore lo interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Tu lo dici». E mentre i capi dei sacerdoti e gli anziani lo accusavano, non rispose nulla.  Allora Pilato gli disse: «Non senti quante testimonianze portano contro di te?». Ma non gli rispose neanche una parola, tanto che il governatore rimase assai stupito. A ogni festa, il governatore era solito rimettere in libertà per la folla un carcerato, a loro scelta. In quel momento avevano un carcerato famoso, di nome Barabba. Perciò, alla gente che si era radunata, Pilato disse: «Chi volete che io rimetta in libertà per voi: Barabba o Gesù, chiamato Cristo?». Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia. Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: «Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua». Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. Allora il governatore domandò loro: «Di questi due, chi volete che io rimetta in libertà per voi?». Quelli risposero: «Barabba!». Chiese loro Pilato: «Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?». Tutti risposero: «Sia crocifisso!». Ed egli disse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora gridavano più forte: «Sia crocifisso!». Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: «Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!». E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso. Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: «Salve, re dei Giudei!». Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo.  Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la sua croce. Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Poi, seduti, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: «Costui è Gesù, il re dei Giudei».  Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra. Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”!». Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo. A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito. Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!».

 

 

E tu,   davanti a quel calice,   davanti a quel dolore,   che fai ?

 

Te ne vai.

Fuggi,   a gambe levate.   Con gli occhi di fuori. Con il cuore di fuori.   Più lontano che puoi. Cerchi aiuto.   Chiedi, gridi, invochi.    Ma non risponde nessuno.  Ma non ti sente nessuno.

Neghi.    Non ci sta. Non è vero.  Non può essere. Non esiste.  Non è per me. Non sono io. E non ci sta nessuno.   Neppure tu.

Te la prendi  con Dio.    Non me lo doveva dare.  Non me lo doveva fare.  Ce l’ha con me. Mi vuole male.   Non è buono.  Non è Dio.   Non lo voglio Dio.    E scappi,  pure da Dio.      E non ti rimane nessuno.   Neppure Dio.

 

Ci stai.

Ci stai tu, Gesù.    Davanti a quel calice.  Che è anche il mio.   Dentro al tuo, ci sta il mio.    Lo guardi tu, Gesù.    Il mio calice.      Lo guardi tu,  al posto mio.    Non ce la faccio io.        La senti tu, Gesù.     La mia angoscia.    La provi tu. Al posto il mio.  Non ce la faccio io.

Padre mio,  passi da me questo calice.    Lo chiedi  tu.  Al posto mio.  Non ce la faccio io. Però, non come voglio io,   ma come vuoi tu.      Si, Padre,  sto con te.   Dalla parte tua.  Non dalla mia.     Mi fido di te. Più di me.

 

Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà.         Si.   Mi fido di te. Mi affido a te.   Non a quel dolore.     Ma se mi porta da te.     Tu conti di più,  di quel dolore.

Si compia  la tua volontà.     E allora ti dico,  di si.    Si, ci sto.    Si, sto con te.   Si, in te.    Sì, lo voglio.  Si, lo scelgo.       Che si compia,   la tua volontà,  in me.

Si compia la tua volontà.      Si. Ci sto.    Anche  davanti al dolore.   E non è più un dolore.                                                 Si. Ci sto.   Anche  sulla mia croce,  e  non è più  una croce.                                                 Si. Ci sto.   Anche  davanti alla morte. E non è più una morte.                                                Si. Ci sto.   Anche  dentro il sepolcro. E non è più un sepolcro.

 

Il mio si,   dentro  al  Si,  di Gesù.   Sulla croce.                                                                        E trema la terra.   E i sepolcri si aprono.   E resuscitano i morti.

E anche io.