Gesù e Nicodèmo

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:  «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.  Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

 

 

Gesù lo dice  anche a te.     “Il giudizio è questo:   la luce è venuta nel mondo,  ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce,   perché le loro opere erano malvagie”.      E tu,    cosa ami ?

 

Le tenebre.

Ti tengono   nelle tenebre.     Ti incastrano nelle tenebre.  Ti rinchiudono nelle tenebre.  Così non lo vedi,  il male che fai.    Così non lo vedi,   il male che sei.    Sei diventato tenebre.    E manco lo sai.

Ci tengono gli altri   nelle tenebre.     Gli fanno fare il male insieme.  Così non è più male.  Così non è più tenebre.    Invece è tenebre,  al quadrato.     Ti hanno ingannato.   Ci sei cascato.

Ti dicono che nelle tenebre,  ci si sta bene.   Ti fa bene. Ti vuole bene    . Ma non è vero.   Ti ha  spolpato.    Ti ha consumato. Ti ha deviato.    Ti ha oscurato,  il cuore e l’anima.       E sei  tenebre.   Al cubo.

 

La luce.

Come ci esci dalle tenebre?       Chi ti tira fuori?        Solo Gesù lo fa.    È lui  la luce di Dio.  E davanti a lui, scappano tutte le tenebre.   Si sciolgono. Scompaiono.   E non ci sono più.

 

Perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.     Ecco perché è venuto Gesù.    Ecco che ci sta a fare.  Ecco che viene a fare.      A salvarti.   A portarti fuori. A tirarti fuori. A liberarti. Dal male.  Che ti fai. E che fai.  Da tutto quello che ti fa male. Da tutto il male. Per sempre.

Chi non crede è già stato condannato,   perché non ha creduto   nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.      Se non credi in Gesù.   Se per te Gesù, non è Gesù.  Non è il Figlio di Dio. Se per te,  il male non è male.     Come fa a salvarti?    Come fa a tirarti fuori?   Rimani lì nel male.    Rimani dove stai.     Per terra.  E niente cielo.

Chi crede in lui non è condannato.         Se credi in Gesù.     Se per te,   è  il Figlio di Dio.  Se sta in lui.  Se dimori nelle sue braccia.   Se ti fai portare dalle sue braccia.   Allora non sei condannato.  A restare nel male.   Non sei più schiavo del male,  prigioniero del male.    Non sei più per terra.    Sei in cielo.   In Paradiso.

 

Chi fa la verità,  viene verso la luce.          Gesù non ci sta  solo a parole.    Ci sta a fatti.    E per uscire dalle tenebre,   devi fare i fatti.     Devi fare luce.  Devi fare la verità.   Ci devi mettere la verità.    Sul serio. Concreta. A fatti.    E ci metti Gesù. Vero, concreto.  A fatti.

Perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.      Chi fa  la verità. Non ce la fa,  senza Dio.    Dio è verità.  È lui lo Spirito della Verità.    Se ci sta lui,  ci sta la Verità.    Viene da sola. Esce da sola. Sgorga da sola.   Perché viene da Dio.   E lo fa Dio.

 

E diventi anche tu.                                                                                                               Una luce che brilla di Dio.

 

 

 

 

 

 

Il grano e la zizzania

In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio”». Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami». Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata». Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:  «Aprirò la mia bocca con parabole,  proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo». Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».

 

 

Il grano  e  la zizzania.        E tu,  che sei ?

 

Sei  zizzania.

Il nemico di Dio,   ti ha seminato.     Ti ha spezzato, ti ha spaccato.  Ti ha separato  da Dio. E sei diventato  divisione.   Anche in te.

Ti ha messo apposta   in mezzo al grano        Ti fa sembrare grano.   Ma non sei grano.  L’inganno  ti riveste.     E sei diventato  inganno.   Anche per te.

Dormivi.   Hai chiuso gli occhi. Non l’hai visto.   Non ti sei accorto.     E lo hai lasciato fare.  E lo hai lasciato andare.     E non lo puoi  fermare.     Ma Dio, si.

 

Sei  grano.

Eri zizzania.       Hai messo Gesù,  nelle tue parti spezzate.    E sono tornate intere.            Eri zizzania.       Hai messo Gesù,  nelle tue radici.     E sono tornate vere.                       Eri zizzania.       Hai messo Gesù,  nel tuo cuore.   Sono nate le spighe.  E sei diventato grano.

 

Sei grano.           Sei  il seme buono,    che viene da Gesù.                                                    Sei grano.           Hai  Gesù  nelle radici.    Che ti sostiene.                                                  Sei il grano.        Hai  Gesù  nelle foglie.    Che ti riveste.                                                         Sei grano.           Hai  Gesù  nelle spighe.    Che ti riempie.

Sei grano.           E ti riconoscono gli angeli.    Perché Gesù  è in te.                                       Sei grano.           E ti riconoscono gli altri.      Perché Gesù  è in te.                                      Sei pane.            E nutri gli altri.     Con Gesù,  che è in te.

 

Sei pane,    per gli altri.                                                                                                             E  per te.

 

 

 

 

 

 

Il figliol prodigo

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».  Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte». Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

 

 

E tu,   quale dei due figli,   sei ?

 

Il maggiore.

Per te,  Dio  non è un padre.   È un padrone.     E sei sempre rimasto con lui,   per dovere. E hai fatto tutto quello che voleva lui,   per dovere.      E ti aspetti  il premio.   E ti aspetti     la ricompensa.    E la pretendi,  la ricompensa.  Per quello che gli hai dato.    Non è amore. È ricatto.

E se il premio va a un altro,  esci dalla sua casa.   Per protesta.   Ti metti fuori. Ti fai fuori. Stai fuori. Dalla sua casa.    E dal suo amore,   per lui  e per te.

 

Il minore.

Per te,   Dio è  Padre.     Ma  lo lasci,  lo neghi,  lo rinneghi.    Non lo vuoi.   E te ne vai.        Via  da lui.

E ti porti via tutto,  di te.     E lo sprechi.  E lo spendi.     E adori  un altro,   che non è lui.      E perdi tutto.   E ti perdi.       E ti ritrovi   in una carestia,  dove muore  tutto.   Anche te.      E  ti ritrovi  in mezzo ai porci.    A mendicare  il loro cibo.

E allora,   ti si rivolta il cuore.    Ti si svolta il cuore.  Ti si volta il cuore.   Ti si rigira, il cuore.  Ritorna indietro  il cuore,   alla casa del Padre.       Ti   con – verti.

E ti lanci,  verso il Padre.     E ti butti,  e  ti getti,   tra le braccia del Padre.                             Sono lì,    che ti aspettano.   Da sempre.                                                                                 Sono lì,    che ti accolgono.  Da sempre.                                                                              Sono lì,    che ti stringono.    Per sempre.

 

Eri   perduto.                                                                                                                           Ti  ha  ritrovato.                                                                                                                          Ti sei  ritrovato.

 

 

 

 

 

 

 

Il figlio ritrovato

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 In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».  Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.  Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.  Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

 

 

 

E tu, quale figlio, sei?

 

Come il  figlio  minore.      

Per te,   le braccia del Padre,  servono solo a darti quello che vuoi.  Quello che ti  spetta.  Te lo deve  dare per forza.   Servono solo a quello.     Le svuoti,   e te ne vai.

E ti getti nelle braccia di altri.     Ma la felicità non è la tua,  è la sua.    Ti prosciugano.   Ti levano, ti strappano, ti rubano,  i doni del Padre.    Poi ti consumano, ti usano, ti spezzano.   E quando non gli servi più,  ti gettano via.

E ti ritrovi   abbandonato, sporcato, infangato,  in mezzo ai porci.    A nutrirti del cibo dei porci.   A diventare come loro.

 

Ecco  il  pentimento.

È sentire   il fetore, la puzza, l’odore,  del marcio.   È provare il dolore  del cuore spezzato.  È toccare il vuoto che ti sei scavato.    È vedere  in che stato ti sei ridotto.   In che posto sei finito.

 

Ecco  la conversione.

È non volerci più stare.       È non rimanerci dentro.   Non marcire dentro.   Non farsi imprigionare.    È uscire fuori.  Uscire dall’inganno.    È tornare con il cuore,  alla casa del Padre.    È alzarsi,   e portare la tua piccolezza, la tua miseria, la tua sconfitta,  la tua fatica, la tua povertà,    alla casa del Padre.

È allora che le vedi,  quelle braccia del Padre,   da lontano.  Quelle braccia che sognano di riempirsi solo di te, semplice, povero, piccolo.      Sei tu, il vero bene, per lui.   È lui,   il vero bene,  per te.

Ecco   la confessione.

Ti inginocchi, davanti al tuo Dio.    Vale più di tutto quello che pensavi.   Di tutto quello che cercavi.    Più di tutto il dolore che provavi.    Lo hai ferito,  lo hai tradito.

Ma le sue braccia sono già,  intorno a te.    Sono la risposta.    Il suo cuore è già sul tuo.   E te lo ripara.  Lo guarisce.  Lo libera   da tutto il male che ti hanno fatto.  Che gli hai fatto.  Che ti sei fatto.

 

 

Come il figlio maggiore.

Se li,  a fare il bravo.   A pesare, a misurare, a calcolare.   Ad essere preciso, perfetto, puntuale.  Ad obbedire ai comandi.   A servire.  Ti senti a posto,   e aspetti solo la ricompensa.

Ma  quello che conta,  non è il Padre.    È il premio,  e sei tu.  Per questo ti arrabbi quando te lo levano,   e lo danno a un altro.    E ti rifiuti di entrare nella casa del Padre.   E rifiuti il Padre,   anche se viene lui , da te.

Ecco il tuo buio.    Ecco il tuo freddo.    Ecco la tua prigione.       Ecco il tuo peccato.      Stai fuori dalla casa del Padre.    Fuori dalla festa.    Fuori dalla gioia.

 

 

La misericordia.

Il Padre,   è la misericordia.    E la misericordia   è la sua casa.      Sono le sue braccia.     È il suo cuore.

 

Solo in lui,   la puoi trovare.

Solo lui,  te la può dare.

Solo con lui,  la puoi passare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Che cosa dobbiamo fare?

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In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».  Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».  Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

 

 

 

Che cosa devo fare?    Te lo chiedi anche tu?

Dopo che hai  ripulito il cuore,   lo devi riempire di cose buone.         Dopo che hai ripulito  la tua strada,  la devi riempire di fiori.     La devi abbellire,  la devi far diventare un giardino, per accogliere Dio,   che viene in te.

Gli alberi, le aiuole, fiori,   sono le opere buone,  che cantano a Dio.   Che lodano Dio, in te.

Condividere  con chi ha bisogno.    Le cose, ma ancor di più, il cuore.    Non opprimere, non schiacciare, non umiliare,    perché gli vuoi bene.

Non sei tu da solo  che lo aspetti, il Signore.    Lo aspetti insieme a loro.    E donando,        e amando,   annunci il Signore che viene,  anche per loro.

 

Il Dio che viene,  non ti battezza con l’acqua del mondo.   Ti battezza con lo Spirito Santo.

Il battesimo dello Spirito Santo.    Ti immerge in Dio. Ti riempie di Dio. Ti consacra a Dio.

È il battesimo del fuoco.     Che ti cambia. Che ti rinnova. Che ti trasforma.

È il battesimo dell’amore.     Che ti fa sperimentare  l’ amore in persona.   L’essenza dell’amore.

Che solo un Dio,   ti può dare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La confessione

La confessione.

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Cosa è il peccato.

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La fede è dire di si, a Dio.

Come quando dici a un amico, “Si, sono tuo amico”.  Dopo ci stai insieme, ci parli, lo vedi sempre.  Così con Dio.  Ci stai insieme sempre,  gli parli, gli dici quello che senti.  Quello che pensi.  Gli vuoi bene.

Ecco,  il peccato è  un’offesa che gli fai,  un tradimento.

 

Peccato veniale.    È quando  l’offesa  è piccola e non rompe il rapporto.  Rimani amico.   È come una ferita piccola a un dito.    Non fa tanto male, e guarisce.

Peccato mortale.    È quando l’offesa è grande.  Si chiama mortale, perché fa morire l’amicizia.  Fa morire il rapporto.  Lo rompe, lo spezza.   E fa morire la tua anima.   È come una coltellata al cuore.  Lo divide, lo spacca, lo spezza.  E taglia anche il legame con Dio. Non sei più unito a lui. Non sei più, con lui.

 

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Non è Dio che è andato via.  Sei tu che sei andato via da lui.  Non è Dio che ti rifiuta. Sei tu che hai rifiutato lui.  Tradito lui, con il tuo peccato.  Cancellato lui, dalla tua vita.

 

 

 

Quale è il peccato.

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Dio ha fatto un’alleanza con il suo popolo,  e anche con te.  Un patto. Come un patto di amicizia. Che ha 10 parole importanti dentro.  Se non le vivi, se non le vuoi, se non le fai,   il patto si rompe.   L’amicizia si rompe.      E l’amico non è più amico.  E Dio non è più tuo Dio.      Le 10 parole  sono il Decalogo,  i dieci Comandamenti.   Il peccato   è  non rispettare Dio,  e la sua  parola.          È  non rispettare i patti.    Ed è la rottura del patto.         (Vedi  Comandamenti).

Le leggi di Dio sono scritte nel cuore da sempre.  Sono le leggi del cuore.   E ti fanno stare bene  il cuore.

Poi Gesù,  il Figlio di Dio, ti ha dato il nuovo comandamento. “Ama Dio con tutto il cuore  e il prossimo come te stesso”.  L’amore conta.   La mancanza di amore,  il rifiuto dell’amore di Dio e dei fratelli,  fa male.    Il male che esce dal tuo cuore  offende.    Dio, i fratelli, e te stesso.   (Vedi  Comandamenti).

 

Peccato mortale.      Se ci sono  tutti e tre:

  • Materia grave.   Offesa grave.  Contro Dio,  e contro il prossimo.  Contro i Comandamenti di Dio.
  • Piena avvertenza.      Sei in grado di capire.   Sei in grado di ragionare.  Ti rendi conto.  Hai coscienza di quello che fai.    Lo sai.
  • Deliberato consenso.    Hai la capacità di scegliere.    Sei in grado  di decidere.   Puoi decidere.   Lo vuoi.

 

Peccato veniale.        Se c’è  uno  di questi due:

  • Materia non grave.   Offesa piccola.  
  • Non c’è piena avvertenza e  deliberato consenso. Non  avevi la capacità di renderti conto.  Non eri cosciente.    Non avevi la possibilità,  e la capacità di decidere.

 

 

Sacramento della confessione.

Pentimento.

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Se il rapporto con Dio si è rotto.  Non bastano le scuse, non bastano le parole.  È il cuore che conta. Come per l’amicizia.

 

 

  • Se il tuo cuore è finto, se la scusa è finta,  anche il rapporto diventa finto.  E non torni amico.
  • Se il tuo cuore è falso.  Se ti interessa altro.  Se vuoi altro.  Non vuoi  lui.   E non torni amico.
  • Se il tuo cuore è vuoto.  Se non gli vuoi bene.  Se non ti importa niente di lui.  Se non c’è niente dentro, per lui.  Non ci sei tu,  e non c’è lui.   E non torni amico.

 

Conversione.

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  • Se l’offesa che gli hai fatto, non ti ha ferito. Se non ti fa male. Se non senti dolore.  Non sei pentito.
  • Se il buco che hai scavato e dove sei caduto, lo hai lasciato lì, aperto, coperto, nascosto.  E non lo hai riempito.   Non sei cambiato.  E non sei pentito.
  • Se ti sei puntato.   Se continui come prima e più di prima.  A fare la cosa sbagliata.   E non torni  indietro.   Se non hai girato.  Non sei cambiato.  E non sei pentito.

 

 

Riconciliazione.

La Confessione  si chiama anche   Riconciliazione,  perché è fare pace. Tornare amici. Tornare insieme.

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Dio Padre ti  ha sempre voluto bene.  Non ti ha lasciato mai.  Ti ha sempre aspettato nella sua casa.  È stato sempre alla finestra,  per vederti arrivare da lontano.  Ora ti vede e ti viene incontro.  Ti apre il suo cuore, ti apre le sue braccia. Sei suo figlio,  e sei  tornato. Ti aveva perso,  e ti ha ritrovato.

 

Confessione.

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È  inginocchiarti davanti a lui,  è ammettere la tua colpa.  È mettere il tuo cuore ferito dal peccato,  nel  cuore di Dio. Nelle mani di Dio.  Tra le braccia di Dio.   È lasciarti abbracciare da Dio.   È abbracciare Dio.     Ecco,  la misericordia   è il cuore di Dio,   sono le braccia  di Dio. 

 

 

Assoluzione.

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Ecco le mani consacrate del sacerdote, fanno scendere lo Spirito Santo. È lo Spirito di Dio,  che viene e ti porta Gesù.  Gesù   ti lava la macchia del peccato.   Ti libera, ti ripara,  ti guarisce dal peccato,  e da tutte le ferite che ti ha causato.   A te e agli altri.     E sei salvato.  E sei guarito.

 

Penitenza.

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Lo Spirito Santo, come un pittore,    fa diventare quella macchia una figura nuova,  una cosa nuova  che prima non c’era.   Un’opera d’arte.          E ti fa diventare nuovo,  e capace di riparare.     Anche con la preghiera.   Può arrivare lontano.  Può arrivare dappertutto.    Può tutto.

 

 

 

 

 

La confessione. Pdf.  (Clicca sulla riga)

 

 

Chi, dei due?

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In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Non ne ho voglia. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: Sì, signore. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

 

 

Il cuore conta.  Se c’è il cuore, c’è l’amore.  Se c’è l’amore, ci sono i fatti.   Sempre.  Sono i suoi raggi.

Dio Padre chiama anche te, come figlio.   Dice anche  a te di  andare a lavorare nella sua vigna.   Tu che fai?

Come il primo figlio.   Prima, subito, gli dici di no.   Non ti va,  non hai voglia.   Non ti fa comodo, non ti riguarda, non ti interessa.  Non è roba tua.  Ma sei suo figlio, e lui è tuo Padre.

Il Padre ti sta nel cuore.  Non puoi fare a meno del tuo cuore.  Non puoi fare a meno di Lui.  L’amore ti porta.

Stavi andando via,  torni indietro,  cambi direzione.  Ritorni da lui.  E fai quello che ti chiede,  perché lo senti tuo,   è in te,  è per te.  Fai quello che ha preparato per te,  ha pensato per te.  Per salvare te.

Come il secondo figlio.   Prima, subito,  dici di si.  Lo chiami signore.  Perché non è per te, un padre. È un padrone.  Dici di si al comando, alla regola, alla legge.

Fai il figlio, non sei il figlio.  Fai la parte del figlio, perfetto.  Di fuori.  Dici di si. Di fuori. Con la bocca,  non con il cuore.   Hai  il Padre sulla bocca,  non lo hai nel cuore.

E non vai,  e non fai.   Perché ti sembra di aver fatto tutto.  Per te fare, è dire.   Ti fermi,  al dire.  Ti riempi,  di dire.

Con quel  si,  nascondi  quello che fai.  Non si vede quello che fai.   Giustifichi quello che fai.    Un sì falso.  Un sì ipocrita, che offende il Padre.  Che tradisce il Padre e anche te stesso.

E non cambi.  E non  torni indietro.  Perché non c’è amore.  Perché non ti porta l’amore.  Non ti fai portare dall’amore, verso il Padre.

Con quel si,  ti senti arrivato.  Non hai bisogno di essere salvato.  Il tuo Dio è la forma, la regola, l’apparenza. E fai diventare anche l’amore, forma, regola e apparenza.

Sei incastrato, sei imprigionato, sei incatenato.  Hai bisogno di un Dio che ti salvi, che ti liberi.

Solo Gesù lo può fare.  Lui è il Figlio di Dio.   Lui solo  conosce il Padre.

Lui solo  può riportarti da lui.

 

 

 

 

 

Il cieco nato

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In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita; sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

 

 

Gesù,  sono io  il cieco,  dalla nascita.  Cieco, vuoto della tua luce.  Assetato, bisognoso, mendicante,  della tua luce.  In modo totale, primordiale, antico.

Cieco nell’anima.  Perché il peccato mi ha portato nel buio, nella notte, nelle tenebre. Cieco del cuore. Perché non voglio vedere, non voglio capire, non voglio sentire. Non voglio amare. Cieco nel cuore. Perché chiuso, rinchiuso, rintanato, nascosto, nelle pieghe, nelle piaghe del cuore.

Gesù, tu sei la Luce. La luce di Dio, la Luce del mondo e hai pietà di me.  Fai del fango con la tua saliva.  Con la polvere del suolo, come quando hai fatto l’uomo.  Mi crei un’altra volta, mi ricrei.  Mi fai, mi rifai.  Mi dai la vita.

Mi  spalmi il tuo fango, sugli occhi, sui miei occhi.  Mi cospargi, mi ungi, mi santifichi, mi consacri.  Mi mandi a lavarmi nella piscina di Siloe.  Lavo gli occhi con la tua acqua, dell’inviato di Dio. Per diventarlo anch’io.  Per fare la volontà del Padre.  Per dirti di si.

Ora vedo!  Ora ti vedo!  Vedo la tua Luce!  Vedo, con la tua Luce!

Tu, sei stato mandato da Dio a salvarmi.  Solo tu lo potevi fare!   Tu, sei il Figlio di Dio!  Sei  il mio Signore!   Mi getto  ai tuoi piedi.  Ti adoro, ti onoro, mio Dio!   Ti lodo, ti danzo, ti canto,  Figlio di Dio!

Ero cieco. Ora vedo.

La Luce della tua Resurrezione!

 

 

 

 

Amate i vostri nemici

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:  «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.  Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». 

 

 

Occhio per occhio, dente per dente.  È il male che chiama il male, che vuole altro male.  Che si ripete, che si rinnova, che si prolunga nell’altro male.  È il male che fa altro male.  E ti incatena. E ti vince, e ti domina.  E ti possiede.

Guarda dalla parte di Dio Padre. Guarda il tutto con gli occhi di Dio Padre.

Il malvagio, chi  fa il male,  è stato vinto dal male. Dalla rabbia, dall’odio, dalla vendetta, dall’invidia, dall’ipocrisia.  E’ stato schiacciato, avvelenato, eroso, corroso, dal suo male. Ma  Dio lo ama ancora,  ama lui, non il male che fa.  Lo ama per poterlo salvare. Per poterlo recuperare, per poterlo liberare dal male che  sta distruggendo  lui e gli altri.

E ama anche te,  che sei stato colpito da quel male, sporcato, schiacciato, umiliato, da quel male. Sei come il Figlio, e  si aspetta che tu fai come il Figlio.

Si aspetta che tu non ci caschi. Che tu non ti fai prendere, non ti fai offendere, non ti fai vincere da quel male. Si aspetta che tu non cadi nel tranello. Non ci finisci dentro, non ti fai incastrare, non ti fai ingannare. Non ti fai incatenare.

Ti dona il Figlio  per farti spezzare quelle catene. Per essere più forte del male. Per vincere quel male.  Per non farlo diventare tuo. Per non farlo diventare parte di te e tu parte di lui. Per schiacciarlo, perché non ti faccia più male, e non ti faccia morire. Per vincere la morte che porta. Per farti risorgere.

Così perdoni il nemico. Così ami.  Doni Dio. Doni il Padre.  Fai vincere la persona su quello che fa e che ha fatto.  Ami la persona più di quello che fa e che ha fatto.  Solo questo, fa tornare indietro l’altro.  Solo questo, lo fa rinsavire.  Solo questo, lo fa trasalire. Solo questo, lo fa cambiare. Veramente.

Perdoni con Dio, con lo Spirito Santo.  Solo lui ci riesce. Solo  lui, lo sa fare veramente. È lui che ama l’altro, in te.  È lui che lo perdona, attraverso di te.  È lui che riempie il vuoto del suo cuore, verso di te.  Lascialo passare, in lui.

Allora diventi suo fratello.

E  figlio del Padre nostro  che è nei cieli.

 

 

 

 

 

Il pubblicano e il fariseo

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:  «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.  Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.  Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.  Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

 

 

Puoi essere come il fariseo.

Và  lì, davanti. Vicino. Di fronte a Dio.  Per lui non è Dio, perché non ha timore a stargli vicino.  Và lì, in piedi, allo stesso livello di Dio. Per lui non è Dio, perché non ne sente la grandezza e la maestà.

Prega tra sé.  Per lui non è Dio.  Non si apre. Rimane chiuso in se stesso. Rimane nascosto in se stesso. Rimane prigioniero di se stesso.

Dio ti ringrazio.  Si serve di Dio. Usa Dio. Lo chiama come spettatore, come testimone, come garante, di  se stesso.

Io non sono come gli altri uomini.  Non appartengo al genere umano. Mi distinguo, mi separo, mi divido. Mi dissocio dal genere umano. Mi dissocio dagli altri e anche da me stesso.  Io sono perfetto. Mi metto dalla parte di Dio. Io sono Dio.

Ladri, ingiusti, adulteri.  Gli altri sono peccatori. Io no.  Gli altri sbagliano. Io no.  Gli altri hanno difetti, errori, colpe. Io no.  Gli altri sono deboli. Io no.  Gli altri sono fragili. Io no.  Anche questo che prega qui vicino a me, non è giusto, non è a posto. Ha il marchio, il timbro, lo stampo di peccatore. Io no.

Digiuno e pago.  Nelle regole ho messo Dio. Nelle regole ho rinchiuso Dio. E anche me stesso. Io ci sto dentro. Ci sto preciso. Ci sto giusto.  Sono giustificato.  Mi faccio giusto.  Sono io che mi do  il  giudizio di giusto. Me lo do da solo.  La salvezza dipende da me solo. Dipende dalle cose che faccio, da quante ne faccio.   Mi salvo da solo.  Sono già giustificato,  sono già salvato.  Non ho bisogno di Dio. Non ho bisogno del prossimo.

E rimani senza Dio, senza il prossimo e senza te stesso.

Puoi fare come il  pubblicano.

Stai indietro.  Dio è grande, maestoso, splendente. Non ce la fai a reggerlo da vicino. Devi prendere una distanza. Ti metti a distanza.  Ti metti in una relazione. Lui è Dio e tu sei un uomo.

Stai in ginocchio.  Se per te è Dio, non ce la fai a stare in piedi. Ti getti ai suoi piedi. Lo adori.  Così lo preghi.

Non osi alzare gli occhi.  Se per te è Dio, non osi stare al suo livello. Alzare gli occhi verso di lui, guardarlo negli occhi. Non ce la fai, non lo reggi, è troppo forte, è troppo grande. Li tieni bassi, gli occhi, verso la terra, verso la tua condizione. Stai al tuo posto di uomo. Così lo riconosci come Dio. Così lo preghi.

Ti batti il petto.  Lui è il tuo Dio e tu sei un uomo. Entri in relazione con lui, attraverso il tuo cuore.  È  lì che batti, è  lì che punti.  È  lì  che lo incontri.  È  lì che lo ami.

Peccatore.   Ti  riconosci peccatore. Come uomo debole, fragile, imperfetto. Precario, finito, limitato.  Quello che conta non è la regola, la misura, il calcolo, la quantità. Quello che conta è la qualità.  Cosa sei. Come ti poni. Come ti metti. Dove ti metti.

Pietà di me.  Dio è Dio e tu sei il peccatore.  Ora c’è una relazione vera, reale, che funziona.  Ora c’è la preghiera che funziona.  Pietà di me!  Vieni  in me Signore.  Vieni perché ho bisogno di te.  Vieni a riempire il mio vuoto con il tuo amore. Vieni a sanare la mia anima. Vieni a riparare il mio peccato.

E  Dio Padre ti manda il Figlio.  In Lui, con Lui  e per Lui,  sarai consolato, sanato, perdonato.  In Lui sarai salvato.  In Lui sarai giustificato.

È Dio che ti giustifica,  che ti fa giusto.  Che ti salva.  Solo Dio lo può fare.  Solo Dio lo può fare veramente. Solo Dio lo può fare completamente.

E sarai portato davanti a Dio.  Presso Dio.  Per l’eternità.