Abbi pietà di me

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».  Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».  Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.  Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

 

 

 

Anche tu   sei lì,   mentre Gesù passa.                                                                                     E che fai?

 

Niente.

Rimani cieco.     Rimani al buio.   Non la vuoi la luce.      Non vuoi che si veda.   Non vuoi che si sappia.     Non vuoi che si scopra.                                                                               Rimani zitto.        Rimani senza  voce.    Non la vuoi  la voce.     Non vuoi  dire.  Non vuoi sentire.    Non ci vuoi sentire.                                                                                            Rimani fermo.     Immobile. Fissato. Bloccato,   a mendicare,  a elemosinare uno sguardo. Da un altro cieco.

 

Gridi.

Non vuoi più stare con gli occhi chiusi.  Non vuoi più tenere gli occhi chiusi.    Vuoi vedere. Lo senti che passa  il tuo Dio.   Ti sussulta il cuore.

 E gridi.  Con tutte le tue forze.      Figlio di Dio,  abbi pietà di me!     Guarda il mio dolore.  Guarda come mi ha ridotto.   Guarda,  come mi ha  distrutto, finito, sfinito.   Isolato.           Non ce la faccio più.      Prendi la mia mano.   E il tirami fuori.  Tirami su.

E Gesù  si ferma  e ti chiama a lui.    E balzi in piedi.  E ti lanci.    Getti  il mantello           che ti vestiva,  che ti copriva,  che ti nascondeva.     Che era tutto quello che avevi.              E ti getti ai suoi piedi.        È lui,  il tuo mantello.     È lui,  che ti veste.  Che ti copre.         Che ti ripara.

Sono suoi,   i tuoi occhi.       E li metti,  nei suoi.     E vedi.

 

E vedi,  di più di prima.                                                                                                          Con lo sguardo di Dio.

 

 

 

 

 

 

 

Il lebbroso

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Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.  Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.  Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.  Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

 

 

 

 

Quale è    la tua lebbra?

 

Cosa,  ti ha bucato il cuore?     Cosa  ti ha deturpato l’anima.    Cosa ti ha mangiato l’anima.

Quale pezzo ti manca?       Quale parte si è consumata.    Cosa ti ha deformato l’anima.

Cosa  ti   ha  roso,  corroso  il cuore.       E lo ha  reso  isolato.      Privato. Nascosto. Evitato.    Inguardabile.

 

Vai  da Gesù.   Ai  suoi piedi.        Perché  solo lui   è più forte di tutto il male.    Solo lui,      ti può levare quello  che ti ha fatto diventare così.          Solo lui,   ti può purificare.

 

Perché solo lui   è  il Signore.     Solo lui è  Dio.

Se lo riconosci.   Se lo ringrazi.   Se lo lodi.

 

Allora    non sei solo  guarito.

Sei anche    salvato.

 

 

 

 

 

 

 

Il lebbroso guarito

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

 

 

La lebbra dell’anima.  Qual’è il tuo bubbone?  Cosa ti ha mutilato l’anima?  Cosa l’ha deformata, deturpata, consumata?  Cosa ti ha contagiato, emarginato, isolato, escluso?  Cosa ti ha allontanato da Dio?

Una volta che hai scoperto il tuo bubbone, cosa fai?  Dove vai?  Te lo tieni  nascosto, chiuso, rinchiuso. Isolato, sotterrato, negato.  Oppure cerchi chi lo può guarire?  Ti metti allora alla ricerca del Figlio di Dio, il medico dell’anima.

Ma ti accorgi che non sei solo.  Intorno a te, accanto, dietro, ci sono tanti altri lebbrosi come te, isolati come te, disperati come te, che cercano Dio. È il popolo di Dio che si riconosce bisognoso di lui.

Vedi Gesù da lontano.  Sai che è il Signore.  Non ti avvicini, non ti senti degno.  Stai a distanza, ma quella distanza la riempi con il tuo grido, con la voce della tua anima piagata, consumata, sfigurata.

“Gesù, maestro, abbi pietà di noi!”  Gesù, tu sei il maestro. Tu sai, tu puoi. Tu sei la mia sola e unica speranza. Guardami. Rivolgi il tuo sguardo su di me. Rivolgi il tuo cuore sul mio. Entra nella mia anima e sarà guarita, ristorata, rinnovata.

Allora lui ti dice cosa fare. “Vai dei sacerdoti.”  Puoi pensare che non corrisponde alle tue aspettative. Che è una risposta fuori dai tuoi schemi, fuori dalla logica. Ma lo fai, lo fai lo stesso. Perché lo ha detto lui. Ti fidi. Ti fidi più  di lui,  che  della tua ragione,  delle tue certezze, delle tue sicurezze. Ti fidi e fai concretamente quello che ti ha chiesto.  Fai la sua volontà.

Fai un cammino di conversione. Un cammino nel verso indicato da Dio. Vai verso Dio.  Allora ti accorgi che quel bubbone non ti fa più male, non ti consuma più, non ti isola più. La tua anima è guarita. La lebbra è sparita.

Ti avevano detto che era impossibile. Che i miracoli non esistono, che Dio non esiste. Che non ce l’avresti fatta, che ti dovevi solo rassegnare. Invece hai incontrato Dio. Quella malattia ti ha fatto sperimentare Dio.

Ora sei guarito. Ora  puoi  tornare alla vita di tutti giorni. Far finta che non ti è successo niente. Far diventare quell’opera una tua conquista. Mostrarla come una tua vittoria. Esporla come un tuo trofeo.  Altri lo fanno. Ma tu no.

Perché  sai  che non sei tu l’autore. Non sei tu il Signore. La tua anima ha riconosciuto il suo creatore, la tua anima lo ha ascoltato, la tua anima lo ha amato. Per questo è guarita.

Allora segui il tuo cuore  e  ritorni da lui, da Gesù . E lasci cantare il tuo cuore, lo lasci danzare, esultare, lodare il suo Dio. Lo lasci vibrare, espandere, risplendere  del suo Dio.  Poi ti getti ai piedi di Gesù. Concretamente, veramente, totalmente.

Gesù ti indica che solo tu, sei  tornato.  Il segno, la prova, la verifica della fede, è riconoscere Dio come l’unico, il vero, il tuo  Signore. È gettarsi ai suoi piedi.  Adorarlo, ringraziarlo, glorificarlo. Rendergli grazie.  È gioire, far festa, esultare  per poterlo  lodare, insieme agli angeli e ai santi. Per poterlo cantare, insieme agli angeli e ai santi. Per poterlo danzare, insieme agli angeli e ai santi.

Allora non sei solo guarito, ma sei anche salvato.

Perché sei diventato un grazie vivente. Una grazia di Dio.