Le nozze di Cana

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In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.  Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.  Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

 

 

 

 

Il tuo rapporto con Dio,   il tuo matrimonio con Dio,    è rimasto senza vino.    Ha perso il sapore, l’odore, il calore.   La gioia.

Le tue anfore,  sono vuote.   Sono le anfore della purificazione.   Le regole da seguire,        i riti da osservare.   Sono di pietra.  Dure, senza cuore.   Sono vuote. Senza sostanza.   Come te.  Come sei diventato tu, dentro.

 

Qualunque cosa vi dica, fatela.    Ecco cosa devi fare.  Te lo dice Maria.  Vai da Gesù.   Fai quello che ti dice lui.  Qualsiasi cosa.

Le riempi di acqua.  Acqua  povera, umile, semplice.   Come un’anfora,  ti riempi della tua povertà,  della tua fragilità,  della tua precarietà.     E la metti davanti a Gesù,  e la offri  a lui.

E Gesù  la cambia in vino.     È lui,  il vino nuovo.    È Gesù che ti dà il sapore,  il gusto,      il calore.  La gioia.   È lui,  la gioia della festa.

Ora prendetela  e portatela al banchetto.     Ora la puoi bere tu,  e anche gli altri.    Ora la puoi gustare.    Ora puoi gioire, insieme agli altri.   Al banchetto di Dio.

 

È il segno,   di quello che sarà   il banchetto di Dio,    l’eucaristia.     Al posto dell’anfora,    c’è il calice.    Nel calice c’è l’acqua della tua umanità,   e il vino,  che è diventato il sangue del Figlio di Dio.

Nel calice si uniscono.

Nel calice si sposano.

 

Ecco il miracolo delle nozze.

Tra te,   e il tuo Dio.

 

 

 

 

 

 

 

 

Emmaus

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 In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano [agli Undici e a quelli che erano con loro] ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane.

 

 

 

 

Cristo risorto,  è con te.  Cammina con te.  Sulla tua strada.  Al tuo fianco.  Ti ascolta.       Ti chiede che cosa ti preoccupa.  E aspetta che tu glielo dici.  Glielo dai.  Lo metti in lui.

Ti senti solo. Ti senti abbandonato. Sei deluso, disperato, amareggiato. Non vai più avanti, torni indietro.  Perché Gesù non è come  lo pensi,  non fa quello che vuoi .  Morto e risorto, non ci stai.

Devi entrare in quel mistero. Allora entri anche nel tuo.  Gesù te lo spiega,  te lo fa capire. Con la sua parola.  E con quella di Dio, rivelata ai profeti.  Ti nutre prima con la sua parola e poi con il suo corpo,  come nella messa.

Ma  è  il tuo cuore,   che  deve essere pronto.     Si fa sera.  Si fa buio.  Ti trema il cuore.  La paura ti fa tremare il cuore.  La paura di stare da solo,  di non farcela.   Allora  è il tuo cuore  che grida,  che invoca,  che prega.  Signore,  non mi lasciare.   Non te ne andare.  Stai con me.   Rimani con me.  Vicino a me.

E Gesù rimane.  Con te, per sempre.  Nell’eucarestia.

Ecco  la risurrezione.

È   voler stare,  con Cristo risorto.

È  riconoscere,  Cristo risorto,  nell’eucarestia.

È trovarlo, lì.

È incontrarlo, lì.

È toccare il suo corpo risorto.

Nell’eucarestia.

 

 

 

 

 

 

 

Le briciole

cananea_allori_lavorataPS (1)In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola.  Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele».  Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».  Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

 

 

Basta una briciola. Se è del pane di Dio. Se è di Dio. Basta una briciola per sfamarti. Per guarirti, per salvarti.

Una briciola, piccola, dispersa, dimenticata, nasconde in sé il segreto della piccolezza, dell’umiltà, della povertà, della tenerezza di Dio.

Una briciola piccola,  gettata, negata, disprezzata, calpestata, schiacciata, nasconde in sé il segreto del rifiuto, dell’umiliazione, della passione di Gesù, del tesoro nascosto.

Una briciola che cade dalla mensa di Dio. Una briciola del pane di Dio. Una briciola di eucarestia.

In ginocchio, prostrata davanti a Dio, aspetti che dall’alto, scenda quella briciola. Con il cuore attento, con il cuore sicuro, con il cuore felice.

Verrà, ti nutrirà e sarai guarita. E sarai salvata.

E anche tu diventerai una briciola per gli altri.

Una briciola di Dio.

 

 

 

 

Il pane che sazia

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In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte.  Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».  E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.  Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

 

 

Come la folla.   Sei lì,   lanciato verso Gesù, per amore.  Attirato da lui, dal suo amore.       Sei lì,  che lo segui ovunque,  in tutti i modi, in tutti i luoghi,  perché hai paura di perderlo,    di rimanere senza.  Perché non puoi più stare senza di lui.  Perché non vuoi più essere separato da lui.

Come la folla.  Se li,  di fronte al lui,  con gli occhi in attesa.  E lui, sente compassione.  Si muove, si commuove, si intenerisce, si riempie di compassione.

Muove il suo cuore verso il tuo  e condivide, divide con te,  vive con te, il tuo dolore, la tua fatica.  Prende  su di sé, una parte di quel dolore.  Non ti lascia solo nel dolore.  Sta con te. Ti accoglie,  ti cura,  ti guarisce,  ti custodisce.

Non ti lascia solo.  Ti riscalda con il suo cuore. Ti abbraccia con il suo cuore. Ti consola con il cuore.  Senza che lo chiedi, senza che lo mendichi, senza che lo paghi.  Lo fa per amore.

Non ti lascia solo.  Non ti manda via, neppure quando gli altri lo chiedono.  Neppure davanti al tuo bisogno.  Non ti manda via.  Lo com-prende,  lo prende con sé,  insieme a te.  E ti nutre.  Ti  ha nutrito con il suo cuore. Ora ti nutre con il pane di Dio.

Parte da quello che hai.  Prima glielo devi dare. Lo devi mettere nelle sue mani,  anche se ti sembra poco, anche se ti sembra niente. Lui solo lo può santificare.  Lui solo lo può moltiplicare. E ti manda a donarlo agli altri.  E ti accorgi che sazia te e tutti gli altri. Che non finisce mai.  Che ce n’è per tutti.   E  ti fa entrare  nella condivisione,  nella compassione.

Gesù è il pane di Dio.  È lui che si dona, che si spezza, che si moltiplica e sazia ogni vivente.  Completamente.  Per sempre.  È l’eucaristia.

Il Pane di Dio,  da mangiare insieme, uniti, nella gioia.  Nella festa, nell’abbondanza, nella pienezza.   Nella comunione.

Condivisione  e comunione,  nella compassione.  A partire dalla compassione,  dal movimento del cuore, dallo struggimento del cuore,  dalla tenerezza del cuore.

Dalla tenerezza di Dio.

 

 

 

 

È il Signore!

In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti. Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

 

A volte ce la metti  tutta per trovare una soluzione, per trovare una strada, per trovare un senso a quello che ti succede. In tutti i modi, in tutti i luoghi, in tutti i momenti. Ti ritrovi nel buio, nella notte più fitta, più nera. Non riesci a pescare nulla, non riesce a tirare fuori nulla, non riesci a risolvere nulla. Da solo non ce la fai a trovare il senso più profondo, il senso più nascosto. Da solo non ce la fai.

Gesù ti aspetta sulla riva, ti aspetta sempre, ma tu non lo riconosci, sei  troppo concentrato sul tuo sforzo,  sei  troppo piegato, ripiegato sulla tua fatica,  sul tuo insuccesso.

Ci riprovi nel suo nome, ci riprovi con lui, ci riprovi sulla sua parola. È allora che ce la fai. Allora il senso, lo scopo, il perché, il come,  il quando, zampillano fuori, vengono fuori dal mare da soli, si fanno prendere, si fanno pescare, ti vengono incontro, ti cadono ai piedi. Allora sperimenti,  tocchi e vivi le meraviglie di Dio.

Allora lo riconosci. Il tuo cuore lo riconosce per primo, ricorda, sobbalza, esulta. È il Signore!  Allora come Giovanni, il tuo cuore si è già tuffato in lui, si è già lanciato verso di lui, si è gettato già tra le sue braccia. Prima di te.

Come Pietro poi, ti lanci con tutto il corpo, con tutto te stesso, porti tutto te stesso da lui, perché non ce la fai a stargli lontano, non ce la fai ad aspettare. È il Signore risorto che  si prende cura di te. Ti nutre con il cibo che ti ha preparato.

È quel cibo, è l’eucaristia, che ti fa amare Dio.  Allora con quell’amore, solo con quell’amore, puoi prenderti cura e custodire le sue pecore, i suoi figli. Non ce la fai da solo.

E’  solo l’amore di Dio che  ti da la forza,  che ti fa veramente diventare il custode,  la guida delle sue pecore.   L’amore e la custodia sono legati, collegati.  Gesù te lo ripete per tre volte.  L’amore non c’è senza  la custodia  e la custodia non c’è senza l’amore.   Te lo chiede per tre volte perché è la Trinità, che te lo chiede.  Prima il Padre, poi il Figlio e poi lo Spirito Santo.  L’amore e la custodia  non ci sono  senza la Trinità.

Alla fine Gesù chiede anche a te di seguirlo. Seguirlo in modo più completo, più totale. Seguirlo sulle strade che non sono le tue. Andare dove non vorresti mai andare. Dove non avresti mai pensato di andare. Seguirlo fino in fondo.

Seguirlo in Paradiso.

 

 

 

Emmaus

Nello stesso primo giorno della settimana, due discepoli di Gesù erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto.Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo.Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?» . Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?» .Domandò: «Che cosa?» . Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l’hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l’hanno visto» .Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?» . E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino» . Egli entrò per rimanere con loro.Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro.Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista.Ed essi si dissero l’un l’altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?» .E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone» . Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

 

Anche i discepoli di Emmaus  indicano la strada per incontrare il Signore.

Sono in cammino verso la loro casa, verso la vita di tutti giorni, semplice, pratica. Come la tua.  Gesù si avvicina e cammina con loro. Gesù è vicino a te, ti cammina a fianco, anche se non lo vedi. Condivide con te tutta la tua strada, la tua fatica, la tua esistenza.

Entra in relazione con loro e chiede di che stanno parlando. Entra in relazione con te e con quello che pensi e che senti. Chiede, come ha fatto con Maria di Magdala. Loro raccontano della loro tristezza del loro dolore per la morte del Nazareno. Sono depressi, avviliti, hanno subito un lutto. Hanno perso Gesù, come Maria.

Ma perché non lo riconoscono? Perché, come Maria, non è ancora ora. Hanno gli occhi ancora rivolti alle cose terrene. Infatti rispondono che sono tristi perché è morto Gesù, ma è morto  Gesù il nazareno, il profeta potente, che doveva liberare il popolo d’Israele. Pensano secondo il mondo, pensano con la logica del mondo, del potere, della forza. Gesù in questa ottica è stato una delusione. Non è il vincitore, non è il re. Forse anche tu ti aspetti questo da lui. Che si manifesti nel mondo, che venga a distruggere tutti quelli che opprimono, che intervenga a fare giustizia, che impedisca ai cattivi di fare del male e che elimini il dolore. Forse anche tu lo vedi con gli occhi del mondo, delle cose terrene, materiali. Così,  non riesci a vederlo, non riesci a capire. E rischi anche tu di essere disperso, disorientato, orfano di lui.

Come Maria di Magdala anche loro non sanno più dove è. Il suo corpo non c’è più. Le donne lo hanno visto, ma loro, no. Secondo il mondo quindi, se non è stato visto, non c’è.

 

Gesù allora prende posizione e fa da Maestro, da guida. Li aiuta a capire, a comprendere tutte le parti della Sacra Scrittura in cui tutto ciò era stato già annunciato dall’inizio della storia della salvezza. Il Figlio di Dio doveva soffrire, perché attraverso quella sofferenza rientrava nella gloria, e con la sua croce, ricongiungeva la terra con il cielo, secondo il disegno del Padre.

Ascoltare la parola è fondamentale per trovare il Signore. La parola di Dio non è parola di uomo. È Dio che si manifesta a noi, a ognuno di noi, anche a te. E anche a te aiuta a capire le cose secondo il progetto di Dio, con lo sguardo non più rivolto al mondo, ma alle cose celesti.

Ma non è ancora ora di riconoscerlo, prima devono fare una professione di fede, anche loro, come Maria. “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è al tramonto.” Non lo hanno riconosciuto con la ragione, con la testa, ma con il cuore. Il loro cuore infiammato dallo spirito di Dio, ardeva. È il fuoco dell’amore, ma è anche il fuoco che riscalda, che illumina, che trasforma.  È come se dicessero: “Signore, resta con noi! Non possiamo stare senza di te, abbiamo bisogno di te. Tu sei il nostro Dio. Tu sei il nostro riferimento. Tu sei la nostra luce. Si fa sera e arriva il buio. Noi non ce la facciamo da soli. Siamo deboli, fragili e le nostre sicurezze tramontano. Le tenebre ci coprono, solo tu puoi vincerle. Non andare via. Non ci lasciare più soli. Non vogliamo più perderti.”

La perdita non dipende da Gesù, dipende da noi. Non è Gesù che ti ha abbandonato o non ti pensa, sei tu che hai abbandonato Gesù e non lo pensi. Lui è vicino a te sempre. Sei tu che devi decidere se vuoi stare con lui, se vuoi che lui resti con te. Sei tu che devi invitarlo ad entrare nel tuo mondo, a stare con te nella sera, nel buio, nella notte.

Gesù entra per rimanere con loro.  A tavola Gesù spezza il pane e lo benedice e lo dà a loro. È l’Eucaristia. Quello è il suo corpo e il suo sangue divino, è lui stesso, che si offre. Gesù che si offre, apre gli occhi ai discepoli, solo allora lo riconoscono.

L’Eucaristia, ecco la luce nella notte, ecco la salvezza dalle tenebre, ecco il cibo della vita. Lasciati toccare dal mistero dell’Eucaristia. Lascia che il Signore ti incontri li. Lascia che parli al tuo cuore e lascia che il tuo cuore parli a lui.

Allora  lo riconoscerai.

 

 

 

I Santi

«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.  Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.  Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.  

 

Solo Dio è Santo. Lui è il Santo. Partecipare della sua vita, della sua grazia, del suo Spirito, ti  fa santo. È lui che ti santifica.

Quando sei umile e non superbo, quando sei mite e non violento, quando sei nel pianto, quando hai fame e sete di giustizia, quando sei perseguitato  per la giustizia, quando ti  condannano, ti  insultano e ti mettono in croce perché sei come Gesù, allora sei beato tra i beati.

Allora  scopri che non sei solo. I santi sono vicino a te, alla tua destra e alla tua sinistra, per sostenerti, per consolarti. Ti accolgono tra di loro.   Fai parte di una processione di beati e di santi, che va verso il Padre. Loro ti portano, ti accompagnano così, verso il Padre. Sono con te, camminano con te al tuo fianco, per sostenerti, per appoggiarti, per condividere con te quel momento di grazia. Sono in comunione con te in quel momento di grazia.

Quando decidi di scegliere il bene, la giustizia, la verità, il perdono, la pace, è come se raggiungessi un traguardo, dopo una lunga corsa ad ostacoli. È come se facessi un gol, dopo tanti passaggi e tanta fatica. La comunità dei santi, la Chiesa celeste, partecipa di ogni tua scelta. È come se fosse sugli spalti dello stadio, a fare il tifo per te. A farti coraggio, a sostenerti con il proprio appoggio, il proprio assenso. È in trepida attesa, per tutti gli sforzi che fai, è in tensione per la fatica che fai e per il timore che rinunci. Ma quando arrivi al traguardo e lo superi, quando fa il gol,  esplode di gioia, esulta, grida, fa festa e loda il Signore insieme a te, con te e per te.

I santi sono alla presenza di Dio, per adorarlo. Sono presenti anche nella Messa, nella consacrazione, perché lì viene lo Spirito Santo e Dio diventa presente realmente, nell’Eucaristia.

Sono lì, davanti a Dio, alla Trinità di Dio, inchinati, ad adorarlo. A riconoscerlo come Dio e il Signore. A lodarlo. A glorificarlo, a rendergli grazie. Sono lì presenti insieme agli angeli di Dio.

Fai come loro. Loda con loro, esulta con loro, adora con loro. Canta con loro, insieme a  loro, la gloria di Dio.

 

 

 

Rimani in me

Gesù lo ripete tante volte che è la sua carne: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.  Il pane che io darò  è la mia carne per la vita del mondo.  In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui.”

Quel pane dell’eucaristia è veramente la sua carne e quel vino è veramente il suo sangue. La carne e il sangue di Cristo risorto, santificato e glorificato. Perché non può farlo? Lui è Dio. Lui può tutto. È Lui che ha creato tutto.  Quel pane non  appare come carne  perché saresti obbligato a credere, e Dio rispetta la tua libertà. Ma la sostanza è cambiata, è mutata.  Nella comunione, il Figlio di  Dio,  con il suo corpo e il suo sangue, entra in te, entra in te veramente, sostanzialmente,  realmente. Entra in quello che sei, nella tua storia, nelle tue radici, per darti la vita vera, per risanarti, per farti risorgere.

Chi mangia la mia carne rimane in me. Ma ci pensi? Rimani in Dio. Rimani. Non per un po’. Rimani, resti, dimori, vivi, mangi, dormi, cammini, parli, ami, dentro Dio. Sei dentro di Lui. Sei attorniato da Lui, circondato da Dio, abbracciato da Dio, protetto da Dio, riscaldato da Dio,  amato da Dio.

Sei in Lui, illuminato dalla sua luce, respiri la sua grazia, ascolti la sua armonia e la sua parola. Rimani in Lui. Non sei ospite, non sei estraneo, non sei di passaggio. Rimani a casa sua.

Tu rimani in Lui e Lui rimane in te. Ma ci pensi? Dio, il Figlio di Dio, rimane in te. Dimora in modo stabile. È con te sempre,  non ti abbandona, non ti dimentica, non ti lascia solo. Dimora in te. Prende dimora in te, nella casa della tua anima.

Ma uno che ha in sé Dio, che può temere? Di che ha paura? Di che si preoccupa? Come fa ad essere triste? Che gli manca? Ha in sé l’essenza della vita, l’origine della vita, la vita vera, la vita eterna.

 

 

Quale pane?

 

 

 

 

“Dove potremo trovare il pane perché costoro abbiano da mangiare?” Gesù sapeva che li avrebbe saziati tutti con il miracolo dei pani e pesci e allora perché fa questa domanda? Ci  dà lo strumento, la strada per arrivare a nutrirci del pane di Dio.

Anche tu devi domandarti: Dove posso trovare il pane per mangiare?  Dove lo cerco il pane da mangiare? Di che cosa mi nutro? Che cosa mi soddisfa?

Pensa a quanto ti dai da fare per avere quel vestito, quel cellulare alla moda, quella moto, per nutrirti dello sguardo degli altri, della loro attenzione. Pensa a quante volte ti devi uniformare,  tradire, rinnegare, vendere, per nutrirti del consenso degli altri,  per paura di essere rifiutato, escluso, isolato. Pensa a quanta fatica fai per non sbagliare mai e riuscire a fare tutto, per nutrirti dell’idea di essere perfetto. Pensa alla violenza che ti fai per arrivare primo, per essere sempre il migliore, per nutrirti dell’idea di essere superiore, onnipotente e onnisciente. Pensa a cosa devi rinunciare per avere i soldi e il potere per nutrirti dell’idea di essere venerato, temuto, idolatrato.

Questo cibo di cui ti nutri, non ti sazia. Non è quello che riempie il vuoto. Non è quello che ti rigenera. Ti dai tanto da fare per un pane che non dura, che non ti da la vita.

Il pane che ti da la vita è quello che viene dal cielo. È quello che ti dona Dio, attraverso le mani del Figlio suo. È l’unico pane che sazia, che ristora, che non finisce mai.  Non lo devi pagare, non lo devi chiedere, non lo devi rubare. Dio  te lo offre per primo perché sa che ne hai bisogno. E te lo da sempre, ogni volta. E’ il pane di Dio.

È  l’ Eucaristia.

 

 

Il granello di senape

 In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

 

 

 

Quanto. Tanto, poco. Di più, di meno. Sei abituato a misurare, a calcolare, a confrontare. Sei abituato  ad aumentare, allargare,  debordare.   Così,  pesi  anche la fede.   La valuti secondo il peso, la quantità.  La  vuoi enorme, totale, smisurata. La pensi piena, ripiena, colmata.  La senti poca, minima, assente.  Quello che conta non è la quantità.  È la qualità, l’essenza, la sostanza, la presenza di Dio vivo e vero.

La fede è un seme. Non dipende da te. È un dono di Dio. Come un seme, ha in sé, in potenza, già tutto il futuro albero. Ma ha bisogno di essere coltivato, alimentato, custodito.

Un seme di senape. Un seme piccolo. Il più piccolo. Perché la qualità della fede è nella piccolezza. Perché nella piccolezza, c’è Gesù. Gesù che si è fatto piccolo, povero, umile.  Più c’è piccolezza e povertà, più c’è fede.  Più c’è piccolezza  e umiltà e più diventa grande l’albero della fede.

Se la fede è vera, anche piccolissima, può cambiare le cose. Non perché lo fai tu. Non per merito tuo. È Dio presente in te e con te, che cambia le cose.  È lui che opera prodigi.  È lui che può sradicare un gelso e piantarlo nel mare.  Lui lo ha creato e lui lo può fare. Solo lui.  A  lui, con lui e per lui, tutto è possibile.

È possibile se ti riconosci per quello che sei.  Piccolo.  Servo inutile.  Non sei tu a fare tutto. Tutto ti è stato dato. Tutto è di Dio. Tutto fa parte del progetto misterioso di Dio. Puoi prendere parte a quel progetto di salvezza. Puoi fare la sua volontà. Servire a realizzarla. Ma non  è tua, non ti appartiene, non la possiedi.  Non dipende da te.

Riesci a fare la volontà di Dio, se stai al tuo posto. Se lo riconosci, come il Signore. Se lo vivi, come il Signore. Se lo servi, come il Signore.  Allora ti senti servo inutile. Perché  in Dio tutto è avvenuto. Tutto è compiuto. Tutto è compreso.

Anche tu.