Io sono la vite

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.  Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

 

 

 

Te lo dice Gesù:    Io sono la vite,    voi i tralci.

E tu,   che tralcio sei ?

 

Staccato.

Te ne sei andato.     Ti sei distaccato,  dalla vite.    Ti sei allontanato. Ti sei spezzato,        da solo.    Ti sei tagliato, da solo.    Per stare da solo.  Per fare da solo.

E vuoi essere tu,  la vite.    E ti senti tu,  la vite.   Al posto di Gesù.    Ma sei senza radici,   e senza  linfa.     E ti si secca il cuore.  E ti si svuota il cuore.  E ti si  consuma il cuore.       E ti si sforma il cuore.

E non fai,  i frutti.    Non ti vengono,  i frutti.  Non ti escono, i frutti.    Solo acini secchi, aridi,  appassiti.   Come te.      Non nutrono nessuno.  Neppure te.

 

Attaccato.

Rimani in  Gesù.    Stai in lui.  Dentro di lui.  Unito a lui.      Se ti potano, non lo lasci.             Lo abbracci di più.     E sei  di più,  vicino a lui.

E passa la linfa,  di Gesù.     Il suo sangue, scorre nel tuo.    Il suo Spirito,  passa nel tuo.    E fa i  frutti.     E tu, come tralcio,  sei le sue braccia,  che li portano.    E tu, come tralcio,    sei le sue mani,   che li donano.

Sono  i frutti  di Dio.    Sono  le opere di Dio.

 

Sono  gli acini buoni.

Pieni di Spirito Santo.

Che nutrono,   gli altri.

E anche te.

 

 

 

 

 

 

La vite e i tralci

ok

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.  Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

 

 

 

Gesù,  sono diventata   io la vite,   io il tralcio,  io l’uva.   Ho fatto diventare mia,  l’uva.  Sono diventa   anche l’agricoltore.   Mi sono gestita,  mi sono curata,  mi sono potata,        a mio uso e consumo,  a mio comodo.  A modo mio.   Ho sbagliato tutto.

Tu sei la vite. Io sono il tralcio.  Tu sei l’albero, io sono il ramo.

Ecco,  come tralcio, come ramo,  in te devo stare. Innestata in te.  Le mie radici sono in te.  Le mie origini sono in te.  Sono parte di te.

Senza di te,  non ci posso stare.  Senza di te,  non mi posso tenere.  Senza di te,  non mi posso nutrire.

La linfa viene da te.   Sei tu.   È il tuo corpo e il tuo sangue,  nell’eucaristia.   È il tuo Spirito.  È lo Spirito Santo che viene da te,  e passa in me.  Se lo lascio passare,  se lo lascio fare, se mi faccio fare,  diventa frutto.  Diventa uva.  Diventa opera,  opera di Dio.

Senza di te,  posso seccare.  Posso marcire.  Posso morire.  Non posso fare niente. Nessun frutto.   Nessun fatto,  nessuna opera  vera di Dio.   Tutto è solo  opera mia.   Tutto è finto,  tutto è falso,  tutto è vuoto.   L’uva  è rovinata.  Gli acini  acerbi.  Seccati, inariditi, deformati.  Avvelenati.

L’agricoltore non sono io.  È il Padre. È lui che ha piantato la vite. È lui che mi ha dato te, suo Figlio. È lui che ha voluto me, con te, in te.   È lui che conosce  il quando, il come e il perché della cura.  È lui che fa la potatura.

Lui taglia, leva,  quello che mi blocca, quello che mi frena, quello che mi ostacola.  Quello che impedisce alla linfa di passare. Lo leva e mi fa portare  frutti  nuovi e più di prima.

Ecco cosa  devo fare.  Devo  stare, rimanere, in te.  E tu rimani in me.

E insieme rimaniamo nei frutti,  nei fatti,  nelle opere.

Le opere del Padre,  per i suoi figli.

 

 

 

 

 

 

La tua uva.

 

 

 

 

Prima di tutto c’è l’agricoltore. E’ Dio Padre che ha piantato la vite. E’ Lui che l’ha voluta.  Dalla vite che è il Figlio scaturiscono i tralci che siamo noi, e dai tralci i frutti di Dio.

Tu, in che vite sei piantato? Qual è il ramo da cui discendi? Pensaci, qual è il capostipite che ha generato tutta la tua discendenza?  Il Padre, Lui è al primo posto, è Lui che ha creato tutta la tua stirpe, il tuo sangue, la tua famiglia. È Lui il tuo antenato, il padre originario, la tua radice più antica. Tu fai parte della famiglia di Dio. Non sarai mai orfano di questo. Nessuno  te lo  potrà mai levare.

Il tralcio esiste per portare frutto. Ma il frutto non viene fuori dal tuo sforzarti, dal tuo spremerti, dal tuo condizionarti, dal tuo programmarti, incasellarti, dal dover fare, dal dover essere, dal dover sentire. In questo modo il frutto, l’uva,  nasce già avvizzita, raggrinzita, seccata.

Per far uscire fuori l’uva di Dio, devi essere ben innestato in Gesù, essere in Lui e Lui in te. Farlo vivere nel tuo cuore, nel tuo corpo. Devi dargli le tue mani, il tuo sguardo, i tuoi occhi. Lasciare che il suo sguardo passi dal tuo, che i suoi occhi guardino attraverso i tuoi, che le tue mani facciano quello che farebbe lui. Essere innestati in Lui perché la sua vita, il suo sangue, lo Spirito Santo di Dio, passi come la linfa della pianta, da Lui a dentro di te.

Allora ti  accorgerai che i  frutti nascono da soli. Non sono i tuoi. Sono nuovi, sconosciuti, inaspettati. Sono buoni, nutrienti, carnosi, pieni di sostanza. E chi li vede  li riconosce e se ne nutre e incontra Dio.

Ma perché il dolore allora? Perché le mazzate che ti cadono in testa e ti distruggono la vita? Perché la tragedia? È la potatura. Il Padre, l’agricoltore, pota per far portare più frutto. Perché sei  stato mandato per quello, perché sei  prediletto, amato, predestinato, chiamato per quello.  Fidati. Non lasciare mai la tua sorgente di vita e vedrai che impensabili e straordinari  frutti vengono fuori!  Più  forte è il dolore e  più belle sono le gemme nuove, e grandi e saporosi i chicchi.

Se scegli di rimanere  in Dio  sopra a tutto e nonostante tutto, se lasci che  il Figlio,  la sua parola, la sua vita, il suo  Spirito Santo,  passi dentro di te e rimanga in te,   allora  porterà frutto non solo per gli altri, ma anche per te e  potrai chiedere e ti sarà dato.