Se vuoi, puoi purificarmi!

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.   E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».   Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

 

 

Venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio: “Se vuoi, puoi purificarmi!” Dalla lebbra del corpo.   Del cuore e dell’anima.          E tu,  lo implori ?

 

Non ci pensi proprio.

Hai dei bubboni.  E manco li vedi.      Hai dei buchi.  E manco li senti.    Ti si sono staccati dei pezzi.  E manco li trovi.      E ti rimane la lebbra.

Li contagi gli altri,  con i tuoi bubboni.     Glieli passi. Glieli attacchi.  Glieli imponi.  Devono essere come te.     E ti rimane la lebbra.

E levi pure Gesù.    Così nessuno li vede i tuoi bubboni.  Manco lui.   Così nessuno li tocca i tuoi bubboni.  Manco lui.     Così nessuno li guarisce,  i tuoi bubboni.      E diventi tu,  un bubbone vivente.    Senza Gesù.

 

Lo implori.

Eri un bubbone.     Ma non sei rimasto così.   Sei andato da Gesù.  Solo lui te la leva,     la tua lebbra.   Del corpo. Del cuore e dell’anima.   Solo lui la guarisce.  E la manda via.  E scompare.  E finisce.    E se ne va.   E non rimane.

 

Venne un lebbroso.      Lo riconosci, lo ammetti,   che sei un lebbroso.  Che quelle piaghe ti hanno deformato.  Che quelle piaghe ti hanno deturpato.   Ti hanno stracciato.  Ti hanno isolato.   Il corpo. Il cuore e l’anima.

Lo supplicava in ginocchio.         E ti getti ai piedi di Gesù.   Con tutte le tue piaghe.   E gli metti ai suoi piedi,  tutte le tue piaghe.   E lo supplichi. E lo preghi. E glielo chiedi disperato. Non ce la fai più. Non ne puoi più.  Non le vuoi più.

Se vuoi, puoi purificarmi!        Tu Gesù,  sei il Figlio di Dio.   Tu puoi, tu solo puoi.  Perché sei Dio.   Se vuoi. Se dici di si.   Se è la tua volontà.  Io la rispetto. Io la accetto. Io la amo. Nonostante tutto. Prima di tutto. Più di tutto.

Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò.   Si muove il cuore di Gesù. Si commuove. Si china e si piega su di te.  E si muove la sua mano su di te. E ti tocca.  È la mano di Dio che ti ha creato.

Lo voglio, sii purificato!      È il si di Dio.  Il suo si, al tuo si.    E ti crea ancora.  E ti ricrea ancora. E ti rifà ancora.   E ti fa nuovo.Ti fa vivo.Ti fa intero.   Il corpo.  Il cuore e l’anima.

 

E subito la lebbra scomparve.     È entrato Dio.  Ed esce il male.   Ci sta Dio,  e non ci sta il male.   Davanti a Dio il male se ne va.   E scompare.

Ed egli fu purificato.        Non solo il corpo.   La mano di Dio è arrivata al cuore e all’anima.  Ora anche la tua anima si è purificata.   Si è fatta pura.  Candida. Immacolata.   E traspare dal tuo volto.     E il tuo volto ora,  non solo non è più sfigurato.     Ma è diventato  luminoso. Raggiante.  Radioso.

 

E  splende, risplende.   E brilla,  di Dio.

 

 

 

 

 

 

La croce

Al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito. A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.  Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.   Costrinsero a portare la croce di lui un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo. Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.   Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra.   Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.   Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.   Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».

 

 

 

Ma chi  glielo ha fatto fare ?

A Gesù,   di stare su quella croce ?

Non l’ha fatto  per sé.   L’ha fatto  per te.      Per stare con te,  sulla tua croce.

 

Ha preso su di sé,    i tuoi chiodi.      Che si sono conficcati,    nel tuo cuore,   e                nella  tua anima.       Che ti hanno forato  il cuore.    E ti  hanno  trapassato  l’anima.            E  ti incatenano,   alla tua croce.

Ha preso su di sé,   le tue spine.     Che ti  bucano  il capo.    Che ti trafiggono  il capo.       Ti sfigurano il volto.

Ha preso su di sé,  gli sputi. Gli insulti.     Che ti umiliano.  Che ti denigrano.  Che ti isolano.

Ha preso su di sé la lancia,   che chi ha spaccato il cuore.    Che ti ha lacerato,  spezzato   il cuore.   E ti fa morire.

 

Gesù  sta sulla croce,  con le braccia aperte.    A braccia aperte, verso di te.   Abbraccialo.

Metti le tue spine, sulle sue.  Dentro le sue.      Metti le tue piaghe sulle sue. Dentro le sue.  Metti la ferita del tuo cuore,  sul suo.    Dentro  il suo.

E si riempiono di lui.   Si riempiono di Dio.    E guariscono in Dio.

Se lo abbracci,  su quella croce.      Risorgi con lui,  da quella croce.

 

Ecco la Pasqua.

Non è solo la sua.

È anche la tua.

 

 

 

 

 

 

 

La croce di Gesù

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In quel tempo Gesù comparve davanti al governatore, e il governatore lo interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Tu lo dici». E mentre i capi dei sacerdoti e gli anziani lo accusavano, non rispose nulla.  Allora Pilato gli disse: «Non senti quante testimonianze portano contro di te?». Ma non gli rispose neanche una parola, tanto che il governatore rimase assai stupito. A ogni festa, il governatore era solito rimettere in libertà per la folla un carcerato, a loro scelta. In quel momento avevano un carcerato famoso, di nome Barabba. Perciò, alla gente che si era radunata, Pilato disse: «Chi volete che io rimetta in libertà per voi: Barabba o Gesù, chiamato Cristo?». Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.  Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: «Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua». Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. Allora il governatore domandò loro: «Di questi due, chi volete che io rimetta in libertà per voi?». Quelli risposero: «Barabba!». Chiese loro Pilato: «Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?». Tutti risposero: «Sia crocifisso!». Ed egli disse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora gridavano più forte: «Sia crocifisso!». Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: «Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!». E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso. Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: «Salve, re dei Giudei!». Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo.  Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la sua croce. Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Poi, seduti, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: «Costui è Gesù, il re dei Giudei».  Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra. Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”!». Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo. A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito.  Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!».

 

 

 

 

La croce di Gesù.

Non la vuoi.     Non ci stai.  Non ci sei.       Non c’entra con te.   Non riguarda te.             Non tocca,  te.

 

Ecco,    quelle piaghe, quelle ferite,     sono le tue.        Tu non le senti,   tu non le porti.     Le sente lui per te.   Le porta lui per te.        Le porta lui,  al posto tuo.

 

Sono le ferite,   che gli hai dato.      Quando lo hai deriso,  quando lo hai umiliato.

Sono i chiodi,  che gli hai messo.   Quando lo hai condannato,  quando lo hai calpestato.

Sono la lancia,  che gli hai conficcato.   È il cuore che gli hai trafitto.  Quando lo hai negato. Quando lo hai cancellato.

 

Solo in quelle piaghe,   ti puoi rifugiare.       Solo in quelle piaghe,  ti puoi ritrovare.         Solo quelle piaghe,   ti possono guarire.

 

Ecco, muore.       E la terra sussulta,   e trema.     Lo riconosce.   E si aprono i sepolcri.     E i santi risorgono.    E tornano a vivere.

 

Perché quella,   non è,   la croce della morte.

Quella,   è    la croce della vita.

Della tua vita.

Eterna. E divina.

 

 

 

 

 

 

 

Il povero Lazzaro

parabola_del_povero_lazzaro_e_il_ricco_epulone_1In quel tempo, Gesù disse ai farisei:  «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.  Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.  Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.  E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

 

 

 

 

E tu,    sei    il ricco   o il povero?

 

Il ricco.

Sei pieno, ripieno di cose.   E te ne nutri, e te ne vanti.  Te ne sei vestito. Te ne sei coperto. Ci stai seduto sopra.   Sdraiato, stravaccato,  sicuro.

Ma già da ora,   non sei così.      Sei  roso,  corroso, consumato   dal fuoco della  avidità. Sei arso, indurito, seccato.   Svuotato di Dio.   Assetato di Dio.      Ti sei bruciato da solo.   Sei tu,  il vero povero.   Povero di Dio.   Senza Dio.

E così sarà,   anche dopo.    Ma sei ancora  in tempo.   Solo Dio ti può salvare.  E Lazzaro ti può aiutare.

 

Lazzaro.

Sei povero di cose.   Piagato dal dolore. Vestito di piaghe.    Sei rifiutato, umiliato, scartato. Sei affamato.     Ti nutri  solo delle briciole,  scartate.

Ma già da ora,  non sei così.      Sei tu,  il ricco vero.    Dio è con te,   fin da ora.   È lui che riempie il tuo vuoto.    È lui che riempie il tuo cuore.    È lui  il tuo cibo.     È lui la tua corona.  È lui il tuo trono.

 

E sarà così,    anche dopo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il povero Lazzaro

«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.  Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.  Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.   E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”»

 

 

Puoi essere come il ricco.  Vestito di apparenza.  Pieno, ripieno, satollo delle tue cose.  Sicuro, chiuso, rinchiuso  nelle tue cose . Adagiato, disteso, appoggiato sulle tue cose.  Solo sulle tue cose.  Indifferente, incurante, indolente  di ciò che ti sta intorno.  Indifferente a tutto ciò che non ti assomiglia, a tutto ciò che non ti riguarda, a tutto ciò che non ti rispecchia.

Non lo vedi il povero, che è davanti a te.  Non vedi Lazzaro che è venuto a salvarti. Non vedi il povero che ti ha mandato Dio. Non vedi Dio.  Non lo vedi, non lo senti, non lo vuoi . Per te Lazzaro non esiste proprio.  È fuori, è annullato, è scomodo, è trasparente, è assente, è negato.

Ma con Lazzaro hai negato anche la tua parte povera, debole, fragile, ferita. Hai negato anche la tua anima.  Gesù ti fa vedere dove sta.  Negli inferi. Nei tormenti. Nel fuoco che la brucia.  La tua anima ha fame e sete, come Lazzaro, più di Lazzaro.

Ti fa vedere anche chi è Lazzaro.  L’anima di Lazzaro è nelle braccia di Dio, è consolata, è amata, è adagiata nelle braccia del Padre.  È beata, ristorata, nutrita,  vestita  di Dio Padre.

Svegliati!  Non aspettare quando è troppo tardi. Sei ancora in tempo.  Lui, Lazzaro, il povero, può intingere un po’ d’acqua e dissetare la tua anima che brucia, che si consuma, che muore.  Lui può colmare l’abisso, la separazione, la divisione fra te e la tua anima.  Perché Lazzaro piagato, rappresenta le piaghe di Gesù Cristo. Il Figlio di Dio,  che è venuto a salvarti.

Vai  dal povero che  lo porta, che te lo dona, che te lo offre.  Vai dal rifiutato, abbandonato, ferito, malato, vai da lui e guardalo, sentilo, incontralo. Aiutalo, ristoralo, riparalo, consolalo. E fai l’esperienza di Dio.  Cerca Lazzaro anche nei tuoi fratelli,  con i tuoi fratelli.

Muoviti!  Non aspettare, per convertirti, per convincerti,  che vengano dei fatti paranormali.  Non aspettare che vengano i morti sulla terra a darti la prova, la sicurezza, la conferma.  La fede non è un’idea, non è una tesi, un’ipotesi.  La fede è un incontro.  È una relazione.  È un rapporto di amore con Dio.  Come lo è stato per Mosé e i profeti.

Come loro, con loro e in loro,  puoi incontrare Dio.

 

 

 

 

Se non vedo, non credo.

La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”.Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”.  Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Poi disse a Tommaso: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!”. Rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!”. Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli.

 

I discepoli si erano chiusi, rintanati, nascosti, per timore. Avevano paura. Gesù entra nella loro paura, nella loro chiusura e dice: “Pace a voi”. Basta soffrire, basta tristezza, basta straziare il cuore. È lui la Pace. E mostra le mani e il fianco. Mostra le ferite sul suo corpo glorioso.

Perché ci sono ancora le ferite, se è risorto, se è tornato in vita? Perché non si sono rimarginate, cancellate? Perché  rappresentano la passione e la morte,  e senza morte non c’è resurrezione. Perché in quelle ferite, in quelle piaghe, c’è tutto il nostro dolore, che è diventato parte di quel corpo glorioso. Ci siamo noi in quelle ferite.

Solo il Figlio di Dio poteva prendere  nelle sue piaghe,  tutto il nostro male, tutto il nostro dolore più profondo, che ci ha  bucato e squarciato il cuore. Ora ce le mostra e ci mette in relazione con loro. In quel corpo glorificato sono accolte, risanate, trasformate. In quel corpo le ferite hanno un senso e partecipano della resurrezione. Sono quelle ferite che ce lo fanno riconoscere.

Ricevete lo Spirito Santo“. È il Padre che, per mezzo del Figlio suo, ci dona lo Spirito Santo. Lo Spirito di Dio. Viene da Lui, da Dio stesso.

Tommaso non c’è. Non ha visto il Signore. Non può vederlo perché deve vedere e toccare, per credere. Forse anche tu pensi che  solo ciò che si vede e si tocca è vero. Se esiste solo ciò che  puoi misurare e riprodurre in laboratorio, allora anche l’amore non esiste. Puoi vedere, toccare, pesare l’amore di tua moglie o riprodurre in laboratorio l’affetto di tuo figlio? Ci sono cose che sperimenti senza vedere o toccare. Ne vedi solo gli effetti,  ma non la sostanza. Così anche Dio.

Gesù ritorna per incontrare Tommaso. Lo invita a mettere il dito nei buchi dei chiodi e la mano nel costato. È quello che chiede a te. Anche tu devi mettere il dito, devi entrare in quella ferita, nella tua ferita, nel tuo male, nella piaga del corpo del Signore. Devi toccare l’impronta del chiodo, il vuoto del chiodo, per ricordarti che non c’è più. Devi mettere la mano nel suo costato, dentro la parte squarciata e il cuore ferito. Devi toccare il sangue e l’acqua che sgorga dal suo cuore,  per farti rigenerare, per farti salvare. Devi sentire e provare anche tu, che quello è veramente il corpo del Signore!

Ora che lo hai sperimentato non puoi più, non credere, ma diventi credente. Ora puoi dire: “Mio Signore e mio Dio“. Si, sei proprio tu, il mio Dio. Il mio Signore, il mio tutto, il mio centro, il mio inizio, la mia meta.

 

“Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto.” Non chiedere a Dio una prova certa o un segnale concreto, attendibile, verificabile, della sua esistenza.  Non lo fa, perché saresti obbligato, condizionato, costretto a riconoscerlo, a subirlo. Non lo fa, perché  ti leva la libertà di cercarlo, di trovarlo, di sceglierlo. Non lo fa,  perché  ti ama veramente, ti rispetta.

E ti aspetta a braccia aperte.