Li mandò a due a due

gesu-grano1 - Copia

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.  Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.  In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.  Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città». I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».

 

 

 

Gesù,  manda anche te.

 

Vai.       Non portare sacca.     Perché è lui,  la tua sacca.    Quello che contiene tutto.         Non portare  borsa.    Perché è lui  la tua borsa.  La tua ricchezza. La tua unica ricchezza.  Non portare  sandali,    perché è lui,  i tuoi sandali.    La tua base.

 

Vai  tu,  da tuo fratello.     Non aspettare che venga lui.     Vai nella sua casa,  nella sua famiglia,   nella sua storia.

Vai,   e porta a  lui la pace.   La pace di Gesù risorto.    Porta a lui, Gesù risorto.

Nel nome di Gesù.   Diventa  il suo abbraccio.      E sarà guarito.  E sarà consolato.  E sarà salvato.

Nel nome di Gesù.      Tutto si inchina,  tutto si sottomette,  tutto obbedisce.  Tutto avviene.  Perché lui è,   il Signore.

 

Nel nome di Gesù,   anche il tuo nome

viene scritto

nel Regno dei cieli.

 

 

 

 

 

 

 

Profeta.

 

 

 

 

Facciamo i profeti, portiamo Gesù nel mondo, usando gli strumenti del mondo.  Così organizziamo spettacoli, gare,  vacanze, feste,  giochi e cose da mangiare. Il tutto per attirare l’attenzione, per convincere a partecipare, per rendere gradevole quello che gli offriamo. Ci preoccupiamo di far venire più persone possibile, che le luci siano posto, che il microfono funzioni, che lo spettacolo sia piaciuto. Come se l’importante sia far contenti gli altri, essere adattati, essere competitivi anche con le altre associazioni religiose o parrocchiali.

Rischiamo a volte di assomigliare alle aziende che vendono i prodotti.  Rischiamo di far diventare la nostra testimonianza un tentativo di convincere con le parole, con le più belle parole. Poi ci stupiamo quando parliamo di croce e di sacrificio che gli altri si allontanano. Non riusciamo a fermare l’emorragia neppure parlando di sforzo, impegno e responsabilità. Non riusciamo a convincere alla fatica e alla donazione di sé un popolo impostato e formato alla soddisfazione di sé, all’esaltazione di sé,  all’adorazione di sé. Un popolo che noi stessi abbiamo servito, assecondato, adorato.

Ma allora come fare? Gesù manda gli apostoli a due a due. Niente clamore. Niente luci, niente convention. Due bastano. Perché quello che conta nella fede, non è  convincere. La fede non è  un’idea, la fede è un Dio che passa da un cuore a un altro cuore. La fede è nella relazione  vera, profonda, autentica. È una proposta di un Dio-Persona  che, attraverso di te, si vuole incontrare con l’altro. È Dio che guarda attraverso i tuoi gli occhi,  l’altro. È Dio che parla con la tua voce, all’altro. È Dio che  prende con le tue mani, la mano dell’altro. Non avviene nel clamore, nella confusione, nella massa. Non avviene nella suggestione. Avviene nel cuore e l’incontro diventa personale, misterioso, divino.

Non devi prendere altro, né pane, né sacca, né denaro, né vestiti. Quando c’è Dio non c’è bisogno di altro. Lui è tutto, lui è l’essenziale. Devi rivestirti di lui, dell’essenziale, perché gli altri lo vedano. Devi essere nell’assenza, per far posto alla presenza di Dio, alla sua provvidenza. Devi lasciare l’apparenza, per far posto all’essenza di Dio, che si incontra con l’essenza dell’uomo.

“Dovunque entriate in una casa, rimanetevi”. Essere profeta è andare, non aspettare che gli altri vengano. È entrare nella situazione dell’altro, nella sua vita concreta, nella sua casa. Ma non per diventare una sua cosa, non per diventare come le sue cose, non per confondersi con le sue cose. Significa entrare nella casa del suo cuore e lì portare il cuore di Dio perché possa partecipare del suo dolore, della sua gioia, della sua fatica e della sua paura.

Essere profeta è essere presi, scelti, chiamati e inviati.   E’ scendere, è non stare in alto, è calarsi nel quotidiano, nel concreto. Non è dire, è fare, è essere.

E’ portare Dio, la sua parola, il suo progetto misterioso di salvezza.