Il calice

Cristo_nell'orto_Giuseppe Mancinelli

Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare». E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. E disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». Andò un poco più avanti, cadde faccia a terra e pregava, dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!»…. «Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà»

 

 

Anch’io Gesù, non ce la faccio ad affrontare il dolore  degli altri. Giro la testa, chiudo gli occhi, distolgono lo sguardo. Per non vedere, per non capire, per non agire. Mi lascio andare e divento passivo, amorfo, insensibile, addormentato.

Poi me lo ritrovo davanti il mio calice amaro, tutto ripieno di dolore, angoscia, colpa, umiliazione, male, tutto mescolato. Non posso più girare la faccia, è dentro di me, e non posso più scappare.

Tu invece, sei li, davanti al dolore, al tuo dolore e anche al mio. Sai tutto quello che ti aspetta, lo vedi, lo vivi. Vivi  l’angoscia del dolore, la disperazione per il dolore, la solitudine nel dolore.  La vivi per me, con me, al mio posto.  Prima di me.    Quel calice amaro è davanti a te.  Tu, come me, vorresti allontanarlo, rifiutarlo, ripudiarlo, negarlo, per me.

Ma mi insegni come fare, dentro al dolore.  I tuoi occhi, il tuo cuore, sono rivolti al Padre,  nel Padre,  con il Padre.  È lì  che devo guardare, è lì che devo puntare.

Al Padre posso aprire il cuore.  Posso dirgli: ‘Padre, non ce la faccio, non posso, non voglio.  Padre non darmi  questa prova,  levala,  portala via,  lontano da me,  non scegliere me.  Mi pesa troppo, mi schiaccia, mi leva il respiro, mi fa morire.’

Posso mettere il mio dolore  nei tuoi occhi che guardano il Padre, nel tuo cuore che è unito a Lui, nel tuo amore per Lui e dire con te:   Padre,  sia fatta non la mia,  ma la tua volontà.

Non so perché, non so come, non so quando. Ma so che la tua volontà  vale  più di ogni cosa. Anche di me.  La tua volontà è l’unica cosa che conta.  La tua volontà è più importante anche della mia vita.   Anche se comporta che devo morire, ti dico di Si!   Si a te!  Si alla tua volontà!   Viene prima di tutto.  Quello che conta è che sia fatta, che si realizzi, che venga la tua volontà.   E io  la scelgo.  Io la voglio.  Io la amo,  più di  me stesso.

È quel dolore che scatena quell’offerta.  È quel dolore che fa scaturire quell’offerta.  È la scelta per il Padre.

Questa è la salvezza,  questa è la vita.  Questo è quello che vale più del dolore.  Questo è quello che vale più della morte.

Questo è quello che vince la morte.

 

 

 

 

Seguimi

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio. Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».  Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».

 

Gesù ti chiama. Seguilo,  senza se, senza ma, e senza però.

Lo segui, ma se va a Gerusalemme, non ci stai.  Se c’entra la croce, la sofferenza, non ci stai.  Non lo vuoi, non gli apri la porta del tuo cuore, della tua casa.  Non vuoi avere a che fare con il dolore, e così lo allontani, lo eviti, lo metti fuori.  Ma con il dolore hai messo fuori il tuo cuore, e  hai allontanato il Salvatore.

Lo segui, dovunque vada, nella sua dimora. Ma Gesù non ha dimora.  Se lo vuoi seguire, non mettere radici, non fare il nido, non cercare un rifugio, un nascondiglio, una tana.  Non stare seduto, bello, tranquillo, beato, protetto, comodo.  Non adagiare il capo sui cuscini, non dormire tra due cuscini.

Perché se lo vuoi seguire, devi posare il capo solo su di lui, devi basarti su di lui.  Devi andare dove ti porta, dove ti chiama, dove ti aspetta e dove tu non sai. E dove tu non vuoi.

Lo segui, ma prima devi andare a seppellire tuo padre.  Gesù deve aspettare, non è ora. Non è il momento. Te lo ha chiesto nel momento sbagliato.  Prima devi fare altre cose. Altre cose più importanti. Più importanti di lui.

Non  vi è nulla più importante di lui. Tutto quello che non segue lui, diventa inutile, insignificante, senza senso, senza scopo, senza meta, senza vita, morto. Lascia che i morti seppelliscano i morti.  Tu lascia quello che è morto, e rivolgiti al Signore della vita. Vai ad annunciare la vita. Vai ad annunciare a tutti che è venuto il Regno di Dio in terra. Così segui Gesù.

Lo segui, ma prima devi andare a dirlo ai tuoi, devi andare da loro, a riferirlo a loro, a farti dare il consenso, l’approvazione, la benedizione da loro.  Non decidi da solo, sei ancora dipendente, succube, vincolato alla tua famiglia. La tua famiglia è ancora quella della terra. Dio non lo senti come Padre e la tua famiglia non è la famiglia di Dio, non è la famiglia del cielo. Appartieni ancora alla terra.

Gesù ti ha chiamato ad arare il suo campo e tu hai messo mano all’aratro.  Non puoi voltarti indietro, girare l’aratro e rovinare la zolla. Quello è il terreno di Dio, quella è la zolla di Dio, quello è il seme di Dio.

Non appartieni più a te stesso.  Ora appartieni a Dio.

In modo totale, completo, assoluto, eterno.